Nello “Spazio di pensiero” di giovedì 24 febbraio ci siamo confrontati sul tema delle competenze critiche e interrogati se sia opportuno affrontarlo in modo tattico, quando si presenti la necessità, o non sia invece opportuna – se non indispensabile – una gestione strategica delle competenze critiche.
Le competenze critiche non sono solo quelle legate alle professioni digitali. Sono tutte quelle competenze scarse sul mercato e strategiche per il business. Per le quali le strategie devono sicuramente essere “diverse”: anticipatorie, legate a logiche di mercato più che di equità interna, e in alcuni casi generano la necessità di creare centri di sviluppo delle competenze, quando non è più possibile trovarle sul mercato.
È un tema chiave per le Risorse Umane tanto quanto per il business, ma spesso trattato con approcci “non sistemici”.
La natura e la gestione della conoscenza e del suo risvolto applicativo, le competenze, hanno da sempre acceso il dibattito scientifico e filosofico.
Isaac Asimov, famoso scrittore di fantascienza e divulgatore scientifico, già nel 1951 immaginò nel suo romanzo Foundation un futuro dove l’umanità va in crisi per l’incapacità di gestire le competenze e l’enorme mole di conoscenza accumulata.
Tornando dalla fantascienza alla realtà: sia a livello generale che a livello aziendale la comprensione, mappatura e gestione delle competenze critiche è di fondamentale importanza.
Tanto più oggi che il mercato del lavoro richiede nuove competenze e altre diventano obsolete, e tutto sempre più velocemente.
Secondo un recente studio di Gartner:
Di fronte ad uno scenario in frenetico cambiamento:
Quando parliamo di Competenze Critiche (CC) non ci limitiamo solo a quelle delle tecnologie d’avanguardia ma tutte quelle competenze scarse sul mercato e strategiche per il business.
Secondo noi ci sono 3 + 1 dimensioni per definire una competenza come «critica» (si veda a fianco la figura1):
Rappresentando graficamente il ragionamento appena fatto, tenendo in considerazione il fattore tempo, una stessa competenza può variare la sua criticità.
A parità di “livello di presenza” in azienda al momento t1 può essere poco importante e facile da trovare. Al momento t2 può diventare più difficile da trovare e più importnte, al momento t3 essere particolarmente difficile da reprerire o da formare e strategica per il business.
Allo stesso modo – e di solito, putroppo, in modo ancora più veloce – una competenza può diventare obsoleta.
La difficoltà di recruiting è legata a un mercato del lavoro non lineare. Molti lavori che sono comuni oggi, non esistevano nemmeno 15 anni fa, e molti altri esistevano ma avevano un aspetto completamente diverso.
I driver di questi cambiamenti sono molti e difficilmente prevedibili, ad esempio:
Spesso non è facile formare le competenze internamente. Ci sono una serie di circostanze che possono complicare la situazione:
La strategicità delle competenze può avere molte declinazioni in positivo e in negativo:
La gestione delle conoscenze e del corrispettivo «applicativo» le competenze sono un tema di fondamentale importanza in tutti gli ambiti umani.
In azienda solo un approccio strategico e con orizzonte temporale ampio può aiutare a non perdere le proprie competenze chiave e/o pianificare l’acquisizione delle nuove competenze fondamentali per la nostra organizzazione.
Il punto di partenza è la strategia aziendale (v. figura 3) e le competenze fondamentali per realizzarla. Segue poi una fase di definizione dove si identificano ed esplicitano le competenze critiche, il livello di competenza necessario per rispetto agli oboiettivi strategici. Dopo la definizione si passa a valutare e mappare le nostre persone. Possiamo così aver chiari i gap di competenza (presenza / assenza di uno specifico skill o livelli non adeguati) e pianificare il nostro “skill count” in modo quantitativo e qualitativo. Infine passiamo alla gestione del “parco competenze per garantire alle varie aree aziendali la quantità, qualità delle competenze, evitarne il più possibile l’obsolescenza, applicare la formazione necessaria o cercare esternamente le competenze adeguate.
Come di consueto nei nostri Spazi di Pensiero, ci siamo divisi in sottogruppi per discutere di quanto sopra, seguendo alcune domande guida: la gestione delle competenze critiche è nell’agenda delle Risorse Umane? Il tema è percepito come “strategico”? Ci sono risorse dedicate? Quali sistemi usate a supporto? Quanto ritenete adeguato il modo di gestire l’argomento rispetto alla rilevanza?
Nel nostro confronto in gruppi di lavoro la discussione è stata particolarmente ricca e sono emersi degli spunti molto interessanti che cerco di riassumere brevemente:
Il processo di gestione delle competenze è nell’agenda delle Risorse Umane ma è fatto a quattro mani insieme al business. Spesso, infatti è il business che delinea quali siano le competenze necessarie. Questo però si lega ad una mancanza di leaderhip che porta ad una serie di attività frammentate e reattive più che un processo ordinato e guidato. Il tema delle competenze critiche è certamente percepito come importante ma non inserito in un processo organico e trattato come strategico. Di conseguenza le risorse che ne seguono le attività non sono così dedicate e focalizzate.
Non esiste una definizione chiara e condivisa di competenza critica. La definizione da noi proposta attraverso la matrice importanza / difficoltà reperimento / scarsità risulta pertanto essere estremamente funzionale a identificare le competenze critiche e gestirle preventivamente in modo più ordinato. È indispensabile in questo l’intervento dei business leaders che devono dichiarare la strategia e quindi identificare le competenze critiche del presente e del prossimo futuro. Riteniamo che spesso sia meno difficile di quanto sembri.
Ci siamo interrogati su cosa fanno i grandi gruppi tecnologici a riguardo delle competenze: hanno sviluppato strumenti e metodologie in tal senso? Come affrontano il tema delle competenze tecniche e dei talenti? Non avendo informazioni complete in merito ci siamo ripromessi d’indagare.
Abbiamo osservato come spesso le competenze, soprattutto quelle critiche, siano patrimonio di team piuttosto che di singoli. Questa osservazione, alla base talvolta di acquisizioni importanti tra società tecnologiche o con professionalità fortemente specialistiche, indica una ridefinizione tema competenze dal singolo al gruppo affiatato, coeso, complementare.
La gestione globale di tutte le competenze aziendali, a meno di casi particolarmente semplici, è oggi e forse per molto tempo ancora impossibile da attuare in pratica. La prima fase di mappatura completa, fatta in modo sistematico, risulta già di per se lunga e complessa. Le fasi successive di manutenzione, ampliamento, gestione e pianificazione diventa troppo onerosa e viene di solito abbandonata rendendo, di fatto, anche le operazioni preliminari lettera morta.
Da quanto abbiamo visto e discusso fino a questo punto emergono alcune linee guida che, come HRI, approfondiremo ulteriormente e cercheremo di rendere “metodo”:
Proprio riguardo ai sistemi abbiamo convenuto che non ne esistono di completi e funzionali per la mappatura, gestione e pianificazione delle competenze. I moduli ERP per la gestione del personale sono dei grandi archivi ma forniscono un aiuto limitato e sicuramente insufficiente alle decisioni riguardo alle competenze critiche.
Crediamo che il tema delle competenze, in particolare di quelle critiche, vada portato all’attenzione dei manager HR e dei business leader perché riteniamo debba essere trattato come tema strategico per tutta l’organizzazione. HRI sta lavorando alla creazione di uno strumento per la mappatura, la gestione evolutiva e agile delle competenze. Se siete interessati a fare parte del progetto pilota e co-costruire con noi questo strumento rivoluzionario scriveteci all’indirizzo info@hrintelligence.it o contattateci direttamente.
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